Tu sei stato uno dei primi produttori della mitologica scena techno romana. Ricordiamo i tuoi dischi come Sprawl o le collaborazioni con Lory D. Hai raccontato nei tuoi libri il fermento di quel periodo. Hai un aneddoto particolare che dà l'idea di quel mondo?

Prima di essere parte attiva della scena ero soprattutto una persona appassionata di musica. Sono sempre stato attratto dal ritmo, i suoni dei bassi e le frequenze più anomale. Mi è sempre piaciuto ballare, sin da piccolo, nonostante ero molto timido. Per cui i ricordi più belli sono quelli in cui andavo in giro il sabato pomeriggio a comprare musica nei vari negozi di dischi, cercando di scoprire sempre cose nuove e quando andavo a ballare nei club qui a Roma. Gli anni '80 sono stati un periodo meraviglioso in questo senso e, con  tutte le novità musicali e sociali che sono arrivate, hanno preparato tutto il percorso che poi ho fatto negli anni '90. Non ci sarebbe stata la techno per me senza l'hip hop di Mantronix e Larry Smith, come anche l'electro e la new wave più elettronica, dagli Yello agli Ultravox o i Yazoo. In questo senso forse l'aneddoto più bello, che poi è un punto di congiunzione fra questi due periodi, è stato quando sono andato al primo rave a Roma nel 1989 a Euritmia. Era una tensostruttura che stava all'EUR, in mezzo ai giardini, che anni prima era stata la casa del Devotion, la prima vera serata house romana. Avevo saputo della serata girando proprio per negozi di dischi e sono andato da solo perché nessuno dei miei amici era interessato. Suonavano Lory D e Mauro Tannino e per me fu la chiusura del cerchio. Anni di ascolti tutti messi assieme in un unico wall of sound. Lory D soprattuto suonò un mix micidiale di electro, new beat, Detroit techno e acid. Quella sensazione di eccitazione, ricerca e voglia di divertimento non mi ha mai lasciato e il ricordo non si è assolutamente sbiadito con il tempo. Non credo al destino perché le cose che fai te le costruisci alla fine e quella serata non l'ho scoperta per caso. Era parte di un mio percorso di ricerca e di voglia di stare bene che, per fortuna, non ho seguito solo io.

Allora a Roma avevate contatti con le altre scene in giro per il mondo e con qualche artista particolare? 

A Roma dal 1990 vennero tanti dj importanti a suonare ai vari rave: Derrick May, Frankie Bones, Frank De Wulf, Underground Resistance, Aphex Twin, Joey Beltram e tanti altri, ma erano soprattutto ospiti di serate e con cui non c'era molta interazione. Con UR però si creò una bella connessione perché suonammo in una serata assieme dove c'era anche Marco Passarani e Eugenio Vatta. La serata andò male per problemi di permessi, ma passammo molto tempo assieme e nacque un rapporto di stima e rispetto. Marco inizio a collaborare con la Generator di Alan Oldham che al tempo era il dj di UR dal vivo e successivamente, quando con Marco aprimmo una distribuzione di dischi, i contatti furono intesificati. Non a caso Marco ebbe l'idea di chiamarla Finalfrontier in omaggio al mitico UR 003 The Final Frontier. Poi si creò una bellissima amicizia con I-f che aveva una distribuzione simile in Olanda, Hotmix (dalle cui ceneri in qualche modo prese vita Clone) e con la Rephlex che ci mandò un fax semplice e bellissimo di complimenti e rispetto quando uscì il primo 12” della Nature di Marco. Io con la mia label Plasmek, ero orientato più su sonorità electro, techno e acid per cui cercammo collaborazioni con artisti simili fra cui Anthony Rother che con noi fece uscire il primo brano subito dopo l'esplosione di “Sex with the machines” e Keith Tucker, al tempo con Aux88, con cui siamo rimasti in ottimi rapporti di grande amicizia. In seguito Marco strinse rapporti con la Skam, prima casa di Autechre e Boards of Canada e con la Schematic dei Phoenecia e dove incideva Richard Devine. In generale era un mondo fatto di persone che producevano la loro musica e la spingevano tramite i canali attivi al tempo ovvero negozi e distribuzioni specializzate per cui i rapporti erano più frequenti e dal business si passava all'amicizia con molta facilità.

Queste collaborazioni poi creavano scambi di serate per cui suonavamo fuori Italia e si creavano connessioni anche in quel senso. Da questo punto di vista la collaborazione con il Link di Bologna ed in particolare con Mauro “Boris” Borella fu fondamentale per cementare tanti contatti. Dal 1993 con Mauro mettemmo in piedi Distorsonie, il primo vero festival elettronico post rave italiano, che, nato come incontro fra label indipendenti italiane, con il tempo divenne la casa di tutti gli artisti citati sopra e molti altri. Bologna divenne la nostra seconda casa e Mauro e tutto il Link furono fondamentali per la creazione di una scena elettronica italiana al passo con l'estero. Con Mauro facemmo anche il primo tour italiano della Rephlex di Aphex, poi degli Autechre e UR. Insomma tante cose e tanti bei ricordi.

Come vedi la techno oggi? Quali sono le principali differenze con il passato?

Sicuramente in passato, proprio per quello che ti dicevo prima, c'era più dinamismo creativo. Si creavano collaborazioni per progetti o dischi assieme e non era tutto solo finalizzato alle serate che oggi sono il solo carburante economico di chi suona. Prima anzi la serata era una parte del tutto, una sorta di ciliegina sulla torta, ma produrre musica, stare in studio e creare scambi di idee era il vero focus. Si fa anche oggi ovviamente altrimenti i dj non saprebbero come suonare, ma la centralità della figura del dj nella serata ha reso tutto più pop in senso lato. Le dinamiche dell'apparire e di essere personaggio hanno preso il sopravvento sulla musica. Ecco perché faccio da tempo una battaglia contro i palchi nelle serate. Per me non hanno senso. Non c'è alcuno spettacolo da vedere. Per circa venti anni, dal 1970, anno di creazione del Loft di David Mancuso, il vero primo club contemporaneo, ai primi rave, direi fino al 1990/1992, abbiamo messo al centro l'esperienza di ballare e sentire musica rispetto all'idea secolare di assistere a una performance musicale in maniera frontale. Credo che il vero problema sia questo che incide anche sulla creazione di musica techno che spesso è strumentale alla performance più che alla ricerca musicale in sé, una delle caratteristiche fondamentali della techno da sempre. Per fortuna esce sempre buona musica, ma bisogna cercare molto di più che in passato per trovare standard alti di originalità.

Ci sono artisti o DJ che segui in modo particolare negli ultimi tempi?

Da due anni circa ho uno spazio mensile su Radio Raheem dove faccio ascoltare un range ampio di quello che mi piace ancora in giro di nuovo, dalle produzioni più deep a quelle più dure, sia in campo techno che electro passando anche per qualcosa di house. Di artisti ce ne sono tanti e anche molti italiani. Fra tutti, sperando di non dimenticare nessuno direi Ben Pest, Marco Passarani, Lory D, Giri, Abissy, The Advent, The Exaltics, Carl Finlow, T/Error, Alessandro Adriani, Jerome Hill, Dynamic Forces, Raiders of the Lost Arp, Dopplereffekt, Kirk Degiorgio, Dj Plant Texture, Robert Hood, CEM 3440, Alavux, Paranoid London, Stenny, Dj Godfather, Dj Maaco, Kyle Hall, Tiger & Woods, Nico Sebelic, Buromaschinen, Detroit's Filthiest, Poladroid, Nomadico, Steve Allman, Credit 00, Heinrich Dressel, Teslasonic e molti altri.

Puoi dirci qualcosa dei libri che hai scritto? 

Quello di scrivere è sempre stata una mia passione sin da piccolo. Inoltre sono una persona curiosa. Voglio sapere cosa c'è dietro una determinata cosa per cui ho sempre letto biografie e interviste di gruppi e artisti musicali o in generale di cosa mi piaceva. Ero e sono tutt'ora un appassionato di fantascienza (libri e fumetti), temi sociali e politici per cui ho sempre avuto una visione d'insieme. Non ho mai pensato ai movimenti culturali come eventi a sé. La cultura è sempre un processo di ibridazione in cui le cose si connettono assieme e si stimolano a vicenda. Per questo ho sempre scritto articoli e interviste sin dai primi anni '90 per riviste come Under One Sky, Ear, Orbeat e Superfly oppure i testi per tante serate del Link. Nel 1993 poi ho creato la prima fanzine techno italiana, Tunnel, in cui ho intervistato artisti come UR, Jeff Mills, Lory D, Leo Anibaldi, 303 Nation ed altri. Anche lì erano presenti articoli di altri scrittori che parlavano di cyberpunk e sociologia percé appunto mi piaceva avere una visione d'insieme del periodo che vivevamo. Nel 2005 sono stato contattato da Alberto Castelli, storico giornalista e scrittore musicale che ha scritto tantissimi bei libri sul reggae e sul soul. Alberto in quel periodo dirigeva una collana di libri musicali per Stampa Alternativa, storica casa editrice di controcultura, e mi ha chiesto di scrivere un libro sulla techno vista la mia passione. Pertanto nel 2006 è uscito Mondo Techno, il mio primo libro, che si focalizzava sulle origini della techno a Detroit e sulla sua diffusione in Italia con un focus su Roma e Napoli, le due città che meglio avevano interpretato le idee di Detroit. Il libro è andato molto bene ed è divetanto un piccolo grande classico del genere. Nel 2018 ne è uscita una versione remix di Christian Zingales che, partendo dal mio testo originale, lo ha remixato a sua piacimento proprio come averebbe fatto un artista musicale con un altro brano. Uscì sempre su Stampa Alternativa è fu un altro bel successo. Nel 2021 sono stato poi contattato da Pablito El Drito, che mi aveva intervistato per il suo libro Rave in Italy, affinché scrivessi un ideale prosecuzione di Mondo Techno. Dopo qualche scambio di idee con lui accettai e con l'occasione gli proposi di ristampare Mondo Techno perché nel frattempo Stampa Alternativa era fallita e il libro sarebbe rimasto invischiato in quel buco nero non avendo più alcun futuro. Nel 2023 quindi su Agenzia X Edizioni di Milano, la casa editrice per cui scrive anche Pablito, uscì questa riedizione con foto nuove, una revisione completa del testo ed una stupenda copertina di Lorenzo Ceccotti aka LRNZ. Il libro è riuscito ad attirare nuovamente grande interesse, soprattutto fra i più giovani, visto che le precedenti edizioni erano tutte fuori catalogo. Nel frattempo ho lavorato al nuovo libro, La visione techno, che poi è uscito a maggio 2024 e che sta andando molto bene. Questo ultimo libro parte dalle storie di Mondo Techno entrando ancora di più nei dettagli della genesi di questo genere musicale e ricostruendo le condizioni sociali in cui si è sviluppato. In sostanza se in Mondo Techno ragiono sul come, qui lo faccio sul perché, come società e come generazione, siamo arrivati ad abbracciare uno stile così futuristico e quali sono qeugli elementi insiti nel suo essere che ancora ci possono aiutare per capire dove andare.

Hai in programma di tornare a produrre musica?

Onestamente no. So di aver fatto anche delle cose interessanti, ma qualche anno fa ho sentito che era tempo di cambiare e concertarmi sullo scrivere e mixare che sono le cose che mi piacciono di più in assoluto.

Come ti esibisci attualmente e come sarà la tua performance allo Swiss Electronic Music Festival?

Da circa cinque anni sono passato al digitale perché seguo tantissime label che non fanno vinile e perché nel missaggio in digitale trovo tantissima creatività come fare loop in tempo reale o suonare proprie edit di brani o brani inediti, cosa impossibile con il vinile. Ovviamente la tecnica che mi ha dato il mixare con il vinile, è stata fondamentale, ma in questo modo riesco a fondere meglio creatività e tecnica. Allo Swiss Electronic Music Festival suonerò ovviamente techno con un occhio sempre a Detroit e anche electro, che resta un mio grandissimo amore sin dagli inizi.